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Addio ad Aureliano Bolognesi: pugile e poeta
Questa mattina ci ha lasciato Aureliano Bolognesi, un grandissimo campione, vanto dell’Italia coi guantoni, ma soprattutto personaggio ligure a 360°. Nell’estate del 1952 Aureliano ci sbalordì e ci spiazzò vincendo l’oro nelle Olimpiadi di Helsinki. Conquistare l’oro è un conto, ma conquistarlo dopo 4 battaglie con pugili che allora tutto erano meno che dilettanti è un’altra faccenda. Aureliano faceva parte della squadra Azzurra, ma nessuno si aspettava una simile prestazione. Aveva una classe cristallina, ma si temeva per la sua resistenza fisica dovendo affrontare gente d’acciaio. Il suo fu un capolavoro iniziando a battere un americano e finendo con un polacco grande favorito all’epoca. I nomi oggi contano di meno, ma quell’oro aveva un significato quasi leggendario. Quell’anno Bolognesi aveva appena 22 anni, un ragazzo quasi, solo sul ring con i suoi pensieri, le sue responsabilità, la sua sete di vittoria, anche se per lui vincere non significava umiliare l’avversario, vincere significava anche mostrare la sua bravura, la sua classe, la boxe con lui era la quintessenza della noble art. Sul ring non era mai solo, era accompagnato dalla sua fede di cattolico fervente. Passò professionista nel 1954 e quell’anno lo passò con una bella serie di vittorie che facevano presagire una brillante carriera. Ma il suo motore s’inceppò, difficile capire i motivi. Probabilmente quella vittoria richiesta con ogni mezzo e con ogni trucco rifuggiva dal suo modo di pensare, dal suo modo mite di vedere la vita. In un’intervista disse: “Combattevo con intelligenza, mai con la forza”.Si ritirerà nel 1956 con un record appena accennato con 17 vittorie e due sconfitte. Sul ring sentiva di aver dato tutto se stesso in quelle Olimpiadi, adesso però voleva aiutare gli altri a salire sul ring insegnando loro non solo l’abc della boxe, ma a trarre da questo sport il meglio per correggere il proprio carattere e la propria autostima. La sua fede religiosa aumentò con il passare degli anni e persino i Papi ricevettero le sue belle lettere, le sue belle poesie. Era fatto così trasmetteva il suo amore per la boxe, ma nello stesso tempo faceva capire che non solo il nostro fisico aveva bisogno di aiuto, ma anche la nostra anima. Anche in Federazione arrivavano le sue lettere, che erano dei propri e veri geroglifici con immagini religiose, che spesso “esondavano” nella busta con i francobolli, ma le sue lettere arrivavano comunque, perchè probabilmente anche le Poste rimanevano affascinate da questi messaggi visivi. Era felice quando in qualche modo era ricordato il suo periodo agonistico, era orgoglioso di quell’oro conquistato ad Helsinki e aveva paura che il tempo ne avrebbe cancellato il ricordo. Aveva fatto carte false,nonostante l’età, a esser presente due anni fa ai 100 anni della FPI e ricevere la medaglia che si aggiungeva agli innumerevoli attestati ricevuti. Quella purtroppo è stata la sua ultima impresa, adesso Aureliano non c’è più e in Segreteria un po’ di nostalgia scende di non poter più aprire quelle incredibili buste che nascondevano i suoi versi come la sorpresa in un uovo di Pasqua.